Lettera Pastorale Natale 2018

         + SALVATORE MICALEF

PER GRAZIA DI DIO SANTA CHIESA

VESCOVO ORDINARIO

Prot. n. 147/2018 v- o

LETTERA PASTORALE NATALE 2018

Fratelli e Sorelle carissimi,

la grazie e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo, sia con tutti voi. Anche quest’anno siamo giunti dopo l’attesa dell’Avvento, alla Nascita del Redentore del Mondo. L’increato fatto uomo, nato come un uomo dal grembo verginale della Vergine Maria. Che gioia fu in Paradiso. «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Desidero con tutto il mio cuore di bussare idealmente alla vostra porta di casa per augurarvi: Buon Natale! È nato il Figlio di Dio! So che questo augurio si potrà scontrare con tante situazioni di sofferenza, di disagio, di tristezza, di malinconia, tuttavia io desidero sussurrarvelo con un filo di voce perché, sia un raggio di sole, un bellissimo arcobaleno che appare nel cielo ancora grigio della vostra vita, dopo un temporale inatteso. Questo sincero augurio, se da una parte non cancella il vostro malessere, dall’altra annunzia che viene “… a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte… e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,78-79). Questo è, infatti, il senso vero e profondo della Natività di Gesù: la luce di Dio prende un volto, un corpo, entra nella storia dell’uomo per abitare i deserti, le periferie, i bassifondi, i confini dell’esistenza umana e illuminarli, non con le luci artificiali delle grandi promesse a basso costo ma coinvolgendosi e contaminandosi nel vissuto quotidiano degli uomini, per assumerlo ed elevarlo alla giusta dignità umana. Il Natale, perciò, non è una operazione senza identità di buonismo qualunquista in salsa commerciale, o di doppia faccia, no! Miei cari fratelli e sorelle. È il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio dei nostri padri che, come in antico ascoltò il grido del suo popolo schiavo in terra d’Egitto e lo liberò con mano forte e potente, così, nella pienezza dei tempi, ha avuto compassione dell’umanità aggredita e lasciata mezza morta dalla disobbedienza del peccato e quindi, nel Suo Figlio Gesù, come Buon Samaritano, ha preso sulle sue spalle l’uomo per restituirgli dignità perduta: infatti “…egli, pur essendo Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma spogliò se stesso assumendo una condizione di servo… divenendo simile agli uomini” (Fil 2,6-7). Per questo i Vangeli raccontano la nascita di Gesù come un avvenimento anonimo rispetto all’evento del Censimento, vero atto di forza dell’Impero di Roma, che voleva contare tutti per poterli dominare a suo piacimento. Dio non ama propagandare il suo pellegrinare nella storia ma agisce efficacemente nell’anonimato di incontri, parole, gesti, sguardi che trasmettono la vera vita in Lui, senza il bisogno di fare scalpore. Che contrasto evidente con la nostra voglia di eventi, visibilità, successi, che si rivelano vuote autocelebrazioni della nostra umana fragilità, con le nostre miserie. Per provare a “gustare” in modo bello e santo il Natale nel suo essenziale messaggio di Luce, chiede anche a noi di decidere finalmente di “rinascere dall’alto”, e quindi a questo punto vorrei offrirvi tre immagini del racconto evangelico della Nascita di Gesù, che ci interrogano e ci coinvolgono nell’oggi della fede, e che possano penetrare nel profondo il nostro essere uomini.

  1. MARIA LO DEPOSE IN UNA MANGIATOIA, PERCHÉ NON C’ERA POSTO PER LORO NELL’ALBERGO.

Gesù nasce in una situazione di povertà assoluta e questo per il “tutto esaurito” formato dall’egoismo umano che, fin da allora, pratica la cultura dello scarto, stabilendo chi deve vivere e chi invece deve soccombere. Eppure, un rifiuto si è trasformato in grazia santificante, perché il Bambino deposto nella mangiatoia diventa chiaro segno premonitore del bisogno vero dell’uomo che si illude di poter vivere di solo pane. Quel Bambino è l’autentica risposta di Dio al bisogno dell’uomo: a chi ha fame, il Bambino della mangiatoia si offre come pane di dignità, nutrimento di vita eterna, balsamo per le ferite dell’anima e del corpo. Solo i pastori che guardavano il loro gregge di notte, hanno risposto prontamente all’annuncio dell’Angelo di Dio, corsero a vedere e portare i loro doni al Re dei Re. I potenti invece congiuravano il modo migliore per ucciderlo, ma non sono riusciti nel loro scandaloso intento In questo Natale chiediamo a Gesù Bambino il dono di sentirci accolti e diventare accoglienti verso coloro che realmente ne hanno bisogno, per costruire la vita buona ispirati dal Vangelo.

  1. NATO GESÙ A BETLEMME DI GIUDEA, AL TEMPO DEL RE ERODE, ECCO, ALCUNI MAGI VENNERO DA ORIENTE A GERUSALEMME.

La storia della fede, fin dagli inizi, è storia di cammini, non di un vagare senza meta come disorientati dalle falsità del mondo, ma di un cammino vero orientato nella ricerca che, approda all’incontro con Colui che si è fortemente desiderato fin dalla creazione del mondo. Nel nostro cuore, spesso, udiamo una flebile melodia: “Come una cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Salmo 42,2-3). Questa melodia molto spesso ci capita di fraintenderla e interpretiamo la sete che abita nel nostro cuore, come bisogno di cose o gratificazioni che, invece, finiscono per addomesticare la nostra coscienza e metterci sulla strada sbagliata, sulla via del peccato e della morte eterna. Invece, la sete del nostro cuore deve essere la sete per il Dio vivente, non sete di idoli, di cose da possedere o di posizioni da difendere, di fare il gioco subdolo del demonio. È la stessa sete che ha messo in moto la ricerca dei Magi i quali, sfidando la lunghezza della strada da percorrere, gli ostacoli e i pericoli del lungo viaggio, si sono messi ostinatamente in cammino, finché non hanno raggiunto la meta, accompagnati dalla stella cometa, che ha consentito loro di provare una grandissima gioia; quella gioia, che la cultura e le ricchezze che possedevano non erano state in grado di donare a loro stessi. La storia dei Magi deve riaccendere in noi il desiderio appassionato di una fede dinamica, che non ci addormenta il cuore ma, ci fa camminare sulle strade della vita quotidiana fino all’incontro con Gesù nascosto in quei fratelli deboli, fragili, disagiati, anziani, malati, carcerati, bisognosi di attenzioni umane e spirituali, che vivono una vita difficile e perfino di stenti. Allora anche noi proveremo nei nostri cuori, quella grandissima gioia che Dio offre a tutti coloro che si lasciano orientare dalla stella del mattino che non conosce tramonto, Cristo Gesù, che contempliamo a Betlemme.

  1. TORNÒ A NAZARETH E STAVA LORO SOTTOMESSO. SUA MADRE CUSTODIVA TUTTE QUESTE COSE NEL SUO CUORE. E GESÙ CRESCEVA IN SAPIENZA, ETÀ E GRAZIA DAVANTI A DIO E AGLI UOMINI.

Termina così il Vangelo dell’infanzia di Gesù nella versione di San Luca. La vicenda del Natale ha come naturale approdo la vita quotidiana. A Nazareth, senza clamori, mescolato nel tran-tran delle fatiche quotidiane, c’è Dio che ha preso famiglia tra le famiglie. Questa è la verità dell’Increato! In questo cantiere di umanità, Gesù “pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì…” (Eb 5,8). La vita quotidiana può diventare palestra dove imparare a vivere a patto che, come Maria, impariamo a custodire nel cuore la vita di Gesù. Un cuore abitato da Cristo diventa capace di fare discernimento, riflessione; filtrando gli eventi della vita personale, attraverso la luce vera che illumina ogni uomo, che è Cristo Signore del mondo. Dunque, queste festività natalizie sono una possibilità per ritrovare l’entusiasmo e la passione per tessere nuovamente la trama quotidiana della vita, intrecciando i fili della nostra esistenza con quelli della fede, della speranza e della carità fraterna e crescere, così, non solo in età ma anche in sapienza e grazia.

Il Santo Natale non sia solo un’occasione di evasione festaiola senza fede, ma sia, ancora una volta, l’opportunità di accogliere, nel Santo Bambino di Betlemme, la Parola vivente di Dio che, “porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà…” (Tito 2,11-12).

A tutti voi Fratelli e Sorelle carissimi, giunga il mio fraterno augurio per un sereno Natale, ricco di tante grazie e celesti favori. Amen.

Buon Natale a tutti!

Dato a Roma nella Sede Episcopale il 25 Dicembre 2018

+ Salvatore Micalef

Vescovo Ordinario

 

 

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