Lettera Apostolica

+SALVATORE MICALEF
PER GRAZIA DI DIO E DELLA SANTA CHIESA
VESCOVO ORDINARIO

LETTERA APOSTOLICA
Passio Domini et Gloriosae Resurrectionis

Prot. n. 190/2021 v-o

“Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considera un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spoglio sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini, apparso in forma umana, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra, ed ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,6-11).

Eminenze, Eccellenze Reverendissime;
Venerati Diaconi e Sacerdoti;
Carissimi Fratelli e Sorelle;

la grazia di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi. Siamo entrati nel tempo di Quaresima, preparazione solenne, che ci conduce alla Santa Pasqua di Risurrezione del Signore. Il tema principale di questa nuova lettera Apostolica è la Passione del Signore che si è caricato del peso di tutti i nostri peccati, per donarci il premio futuro della vita eterna con la Sua Gloriosa Resurrezione. Iniziamo questo percorso di sofferenza e di dolore con l’animo contrito e penitente consolando il Divin Maestro lungo la via dolorosa che conduce al Calvario, dove si consuma volontariamente il suo martirio. Ora pian piano cominciamo a far un quadro su cui ci soffermiamo ad analizzare le prime fasi preliminari della passione di Gesù, vale a dire l’Ultima Cena, il tradimento di Giuda, l’agonia nel Getsemani, fino alla deposizione del suo martoriato corpo nel sepolcro, in attesa della sua Gloriosa Resurrezione. Il progetto del Signore è portare a termine il progetto di salvezza del Padre, per questa Pasqua sono venuto nel mondo, dare la mia vita in espiazione dei peccati dell’umanità. Gesù l’Agnello innocente senza macchia, viene giudicato e condannato da un Procuratore romano pur profano, perché, ai giudei era soltanto permesso di uccidere un agnello. Ora facciamo un altro passo a ritroso. Gesù dopo il Battesimo nel fiume Giordano ricevuto da Giovanni Battista i cieli si aprirono e discese su di lui lo Spirito Santo e si udì la voce del Padre che acclamava al mondo: “Questi è il mio Figlio prediletto, ascoltatelo”. Si mise in cammino verso il deserto dove rimase quaranta giorni a digiunare e pregare perché, possa portare a termine il suo compito. Il deserto in questione è quello di Giuda che si estendeva da fuori Gerusalemme fin a Gerico nella Valle del Giordano. È una zona arsa dal sole e brulla, dove vivono ragni, scorpioni e serpenti velenosi, inospitale per l’uomo senza viveri e acqua. Ora ci domandiamo: per quale motivo Gesù si recò nel deserto? Come abbiamo detto sopra solo per pregare, per mettersi in connessione con il Padre, come uomo, con volontà divina, per approfondire al meglio la missione di salvataggio dell’intera umanità, decaduta miseramente nel peccato, liberarla dalla tirannia del demonio e della morte stessa, che è una conseguenza del peccato dei nostri progenitori Adamo ed Eva. Dio è follemente innamorato di noi uomini e desidera che anche noi lo amiamo e stiamo un giorno insieme nella sua Gloria. Allora il maligno vedendo la debolezza fisica di Gesù stremato ed affamato cercava l’occasione per attaccarlo e farlo cadere nella tentazione. Gesù sapendo già in anticipo le sue mosse da perfetto perdente ed infamatore, non cedete alle sue provocazioni, e dopo averlo prima umiliato e poi sconfitto, lo lascio definitivamente, per tornare nel tempo opportuno, alla sua passione e morte, mettendo i capi del sinedrio, gli scribi, i farisei e il popolo d’Israele contro di lui, condannandolo ingiustamente. Gesù disse ai suoi discepoli; La gente che dice che io sia? Allora gli risposero: un profeta, altri Elia. Ma Pietro gli rispose: Tu sei il Messia, il Figlio di Dio. Allora prese con sé Pietro Giacomo e Giovanni e si recarono sul monte dove Gesù si trasfigurò e le sue vesti divennero candide come la neve. Allora si udì la voce del Padre: “Questi è il mio figlio prediletto, ascoltatelo”. Cristo è giunto alla sua gloria, nella sua trasfigurazione, e quindi ne anticipa la sua resurrezione, dalla morte temporanea, attraverso la piena sofferenza, inaugurando sé stesso, quella via stretta e angusta che porta alla vita immortale, e quindi stabilisce perennemente la nuova ed eterna alleanza tra Dio Padre e noi uomini, come fece Abramo nel momento in cui doveva sacrificare suo figlio Isacco, nella prima alleanza. Da lì in poi Dio, mediate Mosè sul Monte Sinai dopo l’uscita dall’Egitto, stabili nuovamente il Nuovo Patto dando il Decalogo, i Dieci Comandamenti che ogni uomo deve seguire per essere in piena comunione con Dio e la sua Chiesa. Questi dieci comandamenti sono stati il cardine principale della vita morale, prima del popolo ebraico ora lo sono per noi cristiani, per essere conformi alla vita di Cristo e della sua Santa Chiesa. Intanto dobbiamo fare una precisazione: “Dio è amore” (1 Giov.4.8) è un amore talmente grande e smisurato, che ha inviato suo Figlio, immagine perfetta del Padre a salvarci dalla morte eterna. L’amore di Dio è increato, trinitario, che nonostante le nostre imperfezioni continua ad amarci di un amore senza fine, e fa di tutto per portarci a sé, e strapparci dalle insidie del male, è la creazione di tutto ciò che sussiste, è la rivelazione di quest’amore nascosto che ha Dio per noi creature. Difatti, nella Sacra Scrittura sta scritto: “Dio ha tanto amato il mondo da dare per esso il suo Figlio unigenito!” Gesù è l’amore di Dio fatto carne, che ha mandato nel mondo per redimerci da tutte le nostre miserie umane. L’amore che Gesù ha per noi creature imperfette e, vivibile, tenerissimo, costante, attento a tutto, fino alla prova suprema consegnandosi ai peccatori fino alla morte in croce. L’amore costante di Dio che si è manifestato in Cristo, resta tra gli uomini e vivifica la Chiesa, attraverso l’azione dello Spirito Santo che riscalda anche il cuore più duro e lo rende malleabile come la creta, si fonde come la cera davanti al fuoco, e lo arricchisce di grazie, di amore e di misericordia. Ora poniamoci una semplice domanda: cosa è lo Spirito Santo? È quell’amore reciproco tra Padre e Figlio, che in seguito alla resurrezione, si è diffuso sui credenti, come profumo soave che si sprigiona dal vasetto di alabastro, quando Maria Maddalena unse il corpo di Gesù, prima della dolorosa passione. Da qui subentra la pianificazione del tradimento da parte di Giuda Iscariota. Gesù durante il suo viaggio verso Gerusalemme si fermo davanti la tomba del suo amico Lazzaro, morto ormai da quattro giorni. Però questo non fermò Gesù, fece aprire la tomba impregnata dai gas della decomposizione, e avvenne il miracolo; “Lazzaro vieni fuori”, e tornato in vita, uscì dal sepolcro ricoperto dalle bende. Anche qui il Signore manifestò la sua potenza come Figlio di Dio, ma non tutti lo compresero, (scribi, farisei e sommi sacerdoti), perché l’invidia e la gelosia avevano la meglio su di loro, e non lasciavano spazio al discernimento e all’opera di Dio che si stava manifestando davanti ai propri occhi, accecati dalla loro vanità, presunzione, amarezza. Il Cristo arrivo insieme ai dodici Apostoli nei pressi di Gerusalemme, e per adempiere le scritture, prese in prestito da un fattore un asino con il suo puledro, e entrò trionfante in città, osannato come Figlio di Davide, e Re dei Giudei, “Benedetto colui che viene nel nome del Signore, Osanna”. Il popolo lo accolse stendendo il proprio mantello e coi rami d’ulivo e palme. Ma nell’animo di Gesù è già cominciata la sua passione, che da lì a giorni si sarebbe manifestata e consumata. Dall’Osanna si conclude che lo stesso popolo comprato dai sommi sacerdoti, offuscato dall’insidie del diavolo, stabilisce la vita di Cristo con la Crocifissione. Gesù si è consegnato volontariamente alla sua passione: “Nessuno toglie la mia vita ma la offro da me stesso, perché come l’ho data, ho il potere di riprendermela” (Gv.10,18). Seguendo la volontà del Padre, ha compreso che è giunta la sua ora e l’ha accolta con obbedienza di un Figlio che vuole salvare l’umanità dalla tirannia e schiavitù del male, che odia fin dal principio l’opera di Dio. Dopo l’ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme, i capi del Sinedrio erano furiosi e cercavano a tutti i costi di realizzare il loro piano contro il Messia. Non accettavano che il figlio di un falegname potesse essere il Messia tanto atteso, nonostante hanno visto miracoli, guarigioni, liberazioni dei posseduti dal diavolo, e resurrezioni di persone morte. L’invidia e la gelosia predominavano su di essi. La goccia che fece traboccare il vaso, la rabbia dei Farisei e dei Sommi Sacerdoti, fu quando si recò al Tempio a predicare e vide la desolazione, mercanti e cambiavalute che facevano affari nella casa del Padre suo. Preso un bastone cacciò via tutti: Avete trasformato la casa del Padre mio in un sepolcro di ladri e di affaristi”. Dopo quest’episodio i complottisti si riunivano in segreto a cospirare contro di lui, per farlo morire ma avevano allo stesso tempo paura del popolo, che lo venerava e lo acclamava, e non volevano che ci fossero rivolte. Volevano trovare una soluzione indolore che non desse segno di guerriglia urbana. Si presentò da loro Giuda un suo discepolo ed insieme organizzarono il piano di cattura nei minimi dettagli per coinvolgere anche il popolo, così da farlo condannare a morte dai pagani romani. Gesù era a conoscenza di tutto, ma tacque, perché doveva essere rivelato al momento opportuno. Mentre Giuda in combutta con i sommi sacerdoti, assetato di denaro preparava il piano del tradimento, Gesù fa preparare da due suoi Apostoli la sala per la celebrazione della Pasqua con preparativi solenni ed accurati e, da questa sala ci ricordava che c’è una sola chiave di lettura per capire a fondo la sua dolorosa passione: l’Amore sconfinato di un Dio, che si fa uomo, per donarsi in espiazione per noi peccatori. Il suo Segno ci ha mondato tutte le nostre colpe. I due discepoli incaricati da Gesù a preparare per la sua ultima cena, hanno portato il compito magnificamente. La sera stessa si radunarono tutti, eccetto Giuda che giunse in ritardo tranquillo e in curante delle conseguenze future. Durante la cena il volto del Signore divenne triste, pallido e turbato e, rivolgendosi ai suoi Apostoli disse:” In verità vi dico: questa stessa sera, uno di voi mi tradirà”. Tutti rimasero senza parole, e si domandavano chi fosse. Gesù continuò dicendo:” Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo che non fosse mai nato” (Mt 26,21-25). Giuda non si rende conto a cosa va incontro, non solo consegna il suo Maestro ai suoi nemici, ma vende per trenta sudici monete d’argento il Figlio di Dio, la Seconda Persona della SS.ma Trinità. L’atmosfera dell’interno del Cenacolo era cambiata, dalla felicità della Pasqua all’annuncio di un tradimento in corso e della sua morte. Ma Gesù li rassicurava che non li avrebbe lasciati più soli, che sarebbe rimasto con noi fino alla fine dei tempi. “E’ per questo momento che sono venuto al mondo, per compiere la volontà del Padre mio che mi ha mandato”. Prese quindi il pane, rese grazie, lo spezzo lo diede ai suoi discepoli dicendo: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”. Poi prese il calice dicendo:” Questo è il calice del mio sangue della Nuova Alleanza versato per voi e per molti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”. Facendo ciò Gesù spiega il senso fondamentale della sua dolorosa passione e morte, un dono di amore fedele al Padre per noi miseri peccatori. Lui volle che questo prezioso dono raggiunga gli Apostoli che sono fisicamente presenti nel Cenacolo, ma tutta l’umanità di ogni tempo e luogo di appartenenza. L’Eucaristia è il segno autentico della sua presenza in mezzo a noi, vero cibo e vera bevanda per la salute del corpo e dello spirito. Noi peccatori siamo continuamente invitati da Gesù a convertirci, ad apprezzare questo grande dono del suo amore e di arrivare alla Pasqua rinnovati, purificati da ogni macchia di peccato. Perciò, noi cristiani dobbiamo dare l’esempio, richiamare tutti coloro che peccano, con un atteggiamento di carità, aiutando coloro che sono provati dal dolore, dandogli sollievo e fiducia prima in Cristo poi in sé stessi, facendogli uscire dalla trappola del maligno, che vuole soltanto distruggere le opere di Dio. Uscito il traditore in gran fretta dal Cenacolo era già notte, una notte oscura e dolorosa si stava addentrando, perché era il momento delle tenebre a prendere il sopravento, sull’Agnello innocente e senza macchia, Gesù riprende a dare gli ultimi insegnamenti, di amare il prossimo e di predicare e vivere il Vangelo, in umiltà e carità fraterna verso il prossimo. Pietro, cercava di consolarlo come gli altri Apostoli, ma Gesù gli disse: “Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte”. Cantato l’Inno, uscirono da Cenacolo, e si recarono all’Orto degli Ulivi per pregare, dove ha inizio la sua passione. Il dramma di quel momento si fa realtà, egli si trova a sostenere una dura battaglia, tra il bene ed il male, per restare fedele alla volontà del Padre. Gesù si ritirò da solo in un luogo selvaggio, e portò con sé; Pietro Giacomo e Giovanni. “Restate qui e pregate per non cadere in tentazione”. Il Signore, rimasto da solo, comincia a provare sofferenza e dolore, intanto satana cerca di distoglierlo dalla sua missione di salvezza, con ogni mezzo e opera, dicendogli; “Vuoi morire veramente per i peccatori? Non si meritano la salvezza” Ma Lui rivolgendosi al Padre disse: Abba Padre, allontana da me questo calice amaro, ma sia fatta la tua ma non la mia volontà”. La sofferenza che provava era talmente forte, che il suo sudore divenne sangue. Tornato dagli Apostoli li vide che dormivano per la stanchezza, quindi, Gesù si sentiva ancora più solo ed abbandonato. “Non siete riusciti a vegliare con me neanche un’ora? Pregate per non cadere in tentazione”. Ritornato al suo posto, Gesù vide in una visione dolorosa tutti i peccati degli uomini, della sua chiesa, dalla sua nascita, fino alla fine dei tempi, guerre, pestilenze, ingiustizie di ogni genere invadere il mondo, e le sue sofferenze aumenteranno a dismisura. Solo l’intervento del Padre inviando il suo esercito celeste a consolarlo, lo ha salvato da morte certa per paura e sgomento. Gli angeli lo consolarono e gli fecero vedere tutto ciò che doveva subire per la salvezza dell’umanità. Gesù disse nuovamente: “Abba Padre, se è possibile allontana da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà non la mia”. Scese dal cielo un Angelo con un calice, Gesù lo prese tra le mani e lo bevve. Da quel momento, accetto la sua dolorosa passione con la conseguenza della morte in Croce. Vide avvicinarsi un enorme serpente verso di lui, ma con il calcagno, gli stacco la testa. Da quel momento l’inferno metteva nel cuore degli uomini le peggior cattiverie contro Gesù, la sua addolorata Madre e tutti i suoi seguaci. Mentre terminava di pregare, Gesù è tornato dai suoi discepoli, e in lontananza vide un esercito di uomini, con corde, catene, bastoni per catturare il Maestro. Davanti a tutti stava il traditore, che aveva dato questo segnale:” Quello che bacerò è lui, arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta”. Gesù ormai rassegnato alla piena volontà del Padre andrò incontro a Giuda dicendogli: “Amico per questo sei qui? Il traditore disse: Salve Rabbi! lo abbraccio falsamente e lo baciò. Gesù disse: Giuda con questo bacio, tradisci il Figlio dell’Uomo”. C’è da notare una realtà oggettiva: tutti gli Apostoli chiamano Gesù, Signore, perché, lo riconoscono come Figlio di Dio, solo Giuda lo chiama Maestro, perché, per lui non è Figlio di Dio, ma un semplice Maestro, cosa che Gesù stesso aveva proibito di chiamarlo con il nome di Maestro. Gli sgherri lo afferrarono con la forza e lo catturarono, lo incatenarono come il peggiore dei criminali e lo condussero in città per il processo. Pietro cercò di difendere il Maestro e con una spada staccò l’orecchio di un servo di nome Malco. Ma Gesù rimproverò Pietro e compì l’ultimo miracolo della sua vita pubblica, attaccando l’orecchio amputato al suo posto. Quel servo si converti e non partecipò più ai supplizi del Signore, ma dopo la sua morte divenne un discepolo esemplare. Gesù non si consegnò semplicemente per motivi politici o per un errore giudiziario, ma per sanarci dei nostri peccati, per vincere una volta per tutto il potere nefasto del maligno. Mentre lo conducevano in città, lo percuotevano, lo insultavano e gli fecero ogni sorta di cattiveria e vessazione. Ma Egli non aprì bocca, neanche un lamento uscì dalla sua bocca, e questo suo comportamento, inferociva ed aizzava di cattiveria i suoi nemici che continuavano ad infierire su di lui selvaggiamente. Giunti in città, una parte del popolo cercava di ottenere la sua liberazione, un’altra parte si univa ai carnefici e partecipava attivamente alle sue sofferenze. Qui c’è da riflettere; cinque giorni prima, i festanti lo accolsero come Figlio di Davide, dopo, furono complici della morte del Figlio di Dio. Gli Angeli stavano a mezzaria, gioiosi ed addolorati, chiedendo al Padre di salvare suo Figlio con un miracolo così grande che i suoi nemici si convertissero all’istante; ma dall’altra parte doveva compiersi la Scrittura sul Servo Sofferente, colui che si caricò di tutti i peccati del mondo, salvandoli dalla dannazione eterna. Signore della Vita, supplicandoti ti chiediamo perdono per i nostri misfatti, e grazie alla tua morte e risurrezione siamo stati guariti e purificati dai nostri mali. Aiutaci a seguire la via della Croce, preservaci dalle insidie del male, e noi peccatori riconoscenti per il tuo enorme sacrificio della Croce, cerchiamo di non procurarti più dolore, ma di confortarti, di amarti come noi siamo, per raggiungere quando sarà il tempo il tuo Regno di amore senza fine. Giunto in città, stanco e sanguinante viene sottoposto a processo di carattere religioso davanti all’autorità religiosa suprema del popolo di Israele, il sinedrio riunito in fretta e in piena notte dal Sommo Sacerdote Caifa con il suo nefasto consiglio, scribi, farisei, falsi testimoni e una parte del popolo comprato dai nemici di Cristo, per far di tutto per condannarlo a morte, prima della Festa solenne della Pasqua. Prima lo conducono tra tormenti e percorse da Anna suocero di Caifa, che lo odia dal profondo del cuore, accusandolo di svariati capi d’accusa, inventati e senza fondamento. Ogni parola detta da Gesù fu falsamente modificata per invidia nei suoi confronti perché non accettavano la sua autorità di Maestro e di Figlio di Dio. Anna scrisse su di una pergamena tutti i capi d’accusa mossi nei confronti di Gesù, e lo condussero da Caifa per confermare la condanna a morte come: bestemmiatore, eretico, e sobillatore del popolo. Intanto Giuda era devastato dai sensi di colpa, dalla disperazione che ha tradito sangue innocente. Perseguitato dai demoni vagava nell’immondizia come il peggior dei criminali e pusillanime, che infatti lo era. Pentendosi, ritornò dai sommi sacerdoti dopo aver saputo che veniva condannato a morte. Volle restituire il prezzo del venduto ma i nemici di Cristo non ne vollero a che sapere. Gettate le trenta monete d’argento nel Tempio, scappò via. Le monete furono impiegate per comprare il campo del vasaio, per la sepoltura degli stranieri, perché erano sporchi del sangue di un innocente. Giuda perseguitato da satana lo condusse in un luogo deserto e lì mise fine alla sua vita impiccandosi, di cui la sua anima fu condannata e condotta da satana all’inferno, tra i tormenti senza fine, perché non volle consentire che la Misericordia di Dio entrasse in lui, e fu ripagato per sue azioni malvagie; ladro, opportunista, amante del potere terreno, perdita di fede verso il Cristo, tradimento, disperazione, suicidio, tutte armi a disposizione di satana che da tempo lo teneva in pugno. La Vergine Maria disse a tal proposito; “Povero Giuda, se si pentiva amaramente di quello che ha fatto, mio Figlio lo avrebbe perdonato, ed ora sarebbe un Apostolo nuovo e fedele del mio Gesù. Ma egli morì impenitente ed è giusta la sorte che lo attese”. Caifa spaventato dalla tranquillità di Gesù, nonostante veniva accusato ingiustamente, scese dal suo alto seggio, fecce azzittire tutti e si rivolse a Lui dicendo: “Ti scongiuro per il Dio Vero e Santo di dirmi: sei tu il Messia, il Figlio del Dio vivente?” Gesù illuminato di Gloria da Dio Padre disse: “Io lo Sono. Tu lo hai detto. E vedrete il Figlio dell’Uomo, sedere alla destra del Padre, e rivestito di tutta la sua gloria”. Allora Caifa, sormontato da una collera verso il Signore, si stracciò le sue vesti e disse: Ha bestemmiato, che bisogno abbiamo più dei testimoni, come lo giudichiamo? E tutti risposero: “È reo di morte”. Detto questo, fu circondato dal sinedrio, dalla folla, dalle guardie e e lo riempirono di sputi e botte da lasciarlo svenuto per terra. Rialzato dalle guardie fu condotto in catene nelle segrete, mentre il sinedrio preparava i documenti per condurlo da Pilato per farlo condannare a morte secondo la legge di Roma, la crocifissione. Intanto Simon Pietro stava nel cortile del Tempio a scaldarsi al fuoco, e una donna gli si avvicinò accusandolo di essere un discepolo del Maestro. Ma egli preso da paura negò dicendo di non conoscerlo per ben tre volte. Allora si udì il canto di un gallo e si ricordò delle parole di Gesù. Preso dal rimorso andò via e pianse amaramente. “Povero e addolorato mio Signore, schernito ,accerchiato, torturato ed umiliato da quella banda di scalmanati senza Dio e senza anima, nel più totale silenzio hai accettato il male per la salvezza di noi peccatori, sei stato condotto nelle segrete del Palazzo di Caifa e incatenato come un malfattore, in attesa del giorno solenne della tua immolazione di cui i tuoi carnefici non ti hanno dato requie, perdonaci per tutte le nostre vili mancanze, e concedici la tua Divina Misericordia, donaci la tua salvezza”. All’alba di quel fatidico Venerdì Santo, gli sgherri prelevano con violenza il Signore per condurlo davanti al Procuratore Romano Ponzio Pilato, perché emettesse la condanna a morte nei confronti del prigioniero Gesù, stanco e dolorante per i maltrattamenti subiti la notte precedente. Pilato appena vide Gesù così mal ridotto disse ai Sommi Sacerdoti: Vedo che avete cominciato di prima mattina a scorticare le vostre vittime sacrificali. I Sommi Sacerdoti, i Farisei e tutti i nemici del Signore con la complicità dei falsi testimoni, cominciarono ad elencare tutti i capi d’accusa contro Gesù. Pilato era scettico su tutto quello che quei strambi esaltati dicevano contro il Signore, perché, per condannare qualcuno, bisogna avere delle prove certe, e non delle semplici supposizioni. La conferma la ebbe dalla sua consorte Claudia Procula, che la notte precedente al suo arresto, fu turbata in sogno, ma allo stesso tempo venne a conoscenza della vita di Cristo, quindi, andò da Pilato e gli disse di non avere a che fare con quel giusto, perché è il Santo di Dio. Pilato le crebbe e interrogando Gesù, constatò di persona della sua innocenza. Sapeva infatti, che glielo avevano consegnato per invidia. Ora c’era una legge in Israele, che il procuratore romano nel giorno della Pasqua degli Ebrei, liberava un prigioniero condannato a morte su richiesta del popolo. Vi era in carcere un pericoloso malfattore, criminale di prima categoria di nome Barabba, che era stato condannato alla morte per i suoi crimini. I Sommi Sacerdoti, vedendo che Pilato aveva l’intenzione di liberare Gesù, ebbero un getto d’ira che nonostante tutto, riuscirono a contenere, in fin dei conti, Roma li comandava e dovevano sottostare al giudizio imperiale, per evitare ritorsioni contro il popolo d’Israele. A questo punto per dare una svolta a quest’infamante processo, il Procuratore decise di far flagellare Gesù alla maniera dei romani, e poi rimetterlo in libertà. Due soldati romani presero in consegna Gesù e lo condussero malmenandolo fino a una colonna bassa che si trovava a nord del Palazzo di Pilato, poco distante dal corpo di guardia. Giunsero dopo di lui i flagellatori, con fruste, verghe, e funi che li gettarono ai piedi della colonna. Il Signore appena vide la colonna ebbe un brivido di freddo su tutto il corpo, e pregava il Padre per i suoi persecutori, donando al mondo tutto il suo sangue per la redenzione di tutti i peccatori. Con modi selvaggi lo spogliavano dalle sue vesti e lo legarono alla colonna, intanto, i soldati ebbri di vino lo umiliarono e dicevano tra di loro: “facem musica in tergo sua”, che tradotto vuol significare: “facciamo musica sul suo corpo”. Frattanto il comandante del corpo di guardie, uomo sanguinario, spietato e senza scrupoli aspettava l’ordine scritto e firmato da Pilato per procedere alla flagellazione. Ottenuto il mandato diede ordine di incominciare il terribile supplizio. Iniziarono a percuoterlo con verghe con nodi, procurandogli severe e profonde contusioni, che con il passare del tempo diventavano di color viola scuro. Il Signore non emetteva nessun gemito di dolore ed i carnefici rinforzarono i colpi. Non soddisfatti, presero i flagelli, composti da strisce di cuoio attaccati ad un manico di legno, terminanti con sfere di ferro, uncini, e pezzetti di osso, che procuravano profonde lacerazioni, riducendo il corpo a brandelli e in un bagno di sangue. Infierirono sul corpo già provato e martoriato del Signore senza pietà, lacerando la carne ad ogni colpo, facendo vedere anche le ossa in alcuni punti. C’era sangue dappertutto. Anche gli stessi carnefici ne erano impregnati. Per volere del Padre, intervenne il braccio destro di Pilato, il centurione Abender e mise fine a tutta quella crudeltà. Gesù era accasciato senza forze nel suo sangue, quei malvagi crudeli lo alzarono di forza e lo fecero sedere su uno sgabello a forma di trono, e cominciarono a beffeggiarlo chiamandolo: salve o Re dei Giudei, e gli sputavano in faccia, lo percuotevano l’oltraggiavano con ogni tipo di cattiveria. Dato che, il motivo che ha indotto Pilato a farlo flagellare, era, che si era proclamato Re dei Giudei, i soldati offuscati dal potere dell’inferno, intrecciarono un casco di acutissime spine, e con disprezzo lo incoronarono re di burla. Le spine penetrarono di netto il capo del Signore, procurandogli un dolore acuto e atroce, e la perdita copiosa di sangue, continuando a schiaffeggiarlo ed oltraggiarlo in ogni modo conosciuto. Intanto, i Sommi Sacerdoti, inneggiavano la folla a chiedere la liberazione di Barabba ed invocare la morte di Gesù. Ora vorrei aprire una parentesi sul popolo complice di un delitto senza precedenti. A cosa è servito a quella gente di facile manipolazione, acclamare il Signore con rami di palme ed ulivi, stendere i loro mantelli lungo il cammino fino al suo ingresso trionfale a Gerusalemme? Di lì a pochi giorni la moltitudine sarebbe stata davanti a Pilato a chiedere ad unanimità; Crocifiggilo Crocifiggilo. Il popolo aspettava un re politico, che li avrebbe liberati dal giogo dei romani, e stabilito il Regno di Israele per le generazioni future. Ma Gesù è Re, ma non di un Regno temporale, come Saul, Davide, Salomone, ma il suo Regno è in Paradiso, dove non esiste più la morte, il pianto, la sofferenza e la persecuzione, ma soltanto gioia senza fine in Eterno. È questo che non hanno mai compreso gli ebrei, ma ancora lo attendono. Questa è la logica del male, dell’egoismo, dell’invidia e del peccato, perché, mai nessuno dei Padri d’Israele ha compiuto miracoli, guarigioni e conversioni, ma soltanto Gesù, perché, è il Figlio di Dio, il tanto atteso, a liberarci dal giogo del demonio, e donarci per l’eternità la vita senza fine. Accusato da coloro considerati i saggi d’Israele che dovevano riceverlo con tutti gli onori, di cui la comprensione, lascia il posto all’invidia e alla crudeltà più disumana, accusandolo di bestemmia, sommossa, falsa dottrina, e autoproclamarsi il Messia. Facendoci un profondo esame di coscienza, quante volte anche noi, con le nostre miserie umane, abbiamo trasformato quell’Osanna in Crocifiggilo? Anche noi, siamo complici insieme a quel popolo dalla dura cervice della morte del Redentore. Io sono il primo della classifica, e dopo di me un’infinità riempiono il mondo. Analizzando a fondo la Passione di Nostro Signore Gesù, non è difficile individuare la pietra di scandalo che i Giudei con un’astuta trappola, servendosi di Giuda Iscariota lo hanno condannato a morte, per due interessi importanti: la visione politica e la visione religiosa. Quest’ultima, quella vera, e perseguitata con odio di sterminio per tutti coloro che si professano Maestri e Messia, perché, la Legge di Mosè, non può essere contradetta e né cambiata. Ma non tutti i membri del Sinedrio erano concordi con Caifa ed i suoi scagnozzi che si distinguono per carità ed umiltà, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, che hanno condannato pubblicamente il comportamento ingiusto scorretto e crudele dei loro stessi confratelli. Il popolo voleva un re che potesse capovolgere le loro sorti, da sottomessi a liberi, non un re che perdonava i nemici, i loro peccati, faceva miracoli, e parlava di vita eterna. Appena hanno intuito che non serviva al loro scopo, lo hanno abbandonato miseramente al suo destino, ucciso per mano pagana, vittima della sua stessa missione e del sistema giudiziario di Israele e di Roma. Il Profeta Isaia aveva predetto quest’evento grandioso per la nostra salvezza, come vittime espiatorie: “Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba, non ho sottratto la mia faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50,6). Gesù per il fatto di andare contro corrente, di ammonire il popolo per le sue deviazioni, e di indicare un cammino verso una morale sana, di acquisire una santità pura, ha dato volontariamente la sua vita per sconfiggere una volta per sempre, tutte le passioni sregolate dell’intera umanità. Scegliendo di entrare nella città di Gerusalemme in una fama modesta ed umile, come simbolo di contradizione per i sommi sacerdoti, arroganti e pieni di sé, in quanto voleva dimostrare che la sua regalità era autentica e senza contraddizioni. Dopo averlo flagellato ed incoronato di spine, umiliato e seviziato con ogni tortura fisica e psicologica, fu presentato a Pilato, che in cuor suo, voleva liberalo, ma i giudei avevano capito il suo punto debole, contraddire l’autorità di Tiberio Cesare significava la morte e la deportazione, quindi, i giudei avevano fatto di tutto per screditarlo, in realtà, lo hanno minacciato dicendogli: “se liberi costui, non sei amico di Cesare”, e da autorità massima, sarebbe diventato in brevissimo tempo nemico di Roma, con conseguenze terrificanti. Lo prese in disparte e lo interrogò nuovamente: “Chi sei, da dove vieni?” Gesù a voce spezzata dal dolore e dalla sofferenza rispose: “Il mio regno non è di questo mondo: se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fosse consegnato ai giudei, ma il mio regno non è di qua giù” (Gv.18,36). Il procuratore era perplesso e spaventato allo stesso tempo, la folla chiedeva ad unanimità che Gesù venisse crocifisso. Quindi chiese di nuovo;” Chi volete che vi liberi, Gesù il Re de Giudei, o Barabba un assassino, un criminale della peggior specie?” Il popolo rispose che voleva Barabba, e poi affermarono: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”. Secondo la nostra legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio”. Pilato, ordinò ad un suo inserviente di portare dell’acqua e si lavò le mani di fronte alla folla dicendo: “Io sono innocente di questo sangue, vedetevela voi”. Dopo di che, letta la sentenza di condanna a morte per crocifissione, lo consegno ai soldati per eseguire la pena. Pilato fece scrivere la sentenza di condanna in triplice copia, descrivendo nel dettaglio, che secondo la sua coscienza Gesù di Nazaret era innocente, sono stati i Sommi Sacerdoti, gli scribi ed i Farisei a consegnarlo nelle sue mani per invidia, e con la complicità del popolo, messo da loro stessi in subbuglio, hanno chiesto ad unanimità la sua condanna a morte per crocifissione, perché, considerato nemico d’Israele e del popolo ebraico. La verità dei fatti diede molto fastidio alle autorità giudaiche, ma in fin dei conti era la verità, la realtà dei fatti accaduti. In seguito, diede ordine di incidere una tabella con il motivo della condanna, scritta in latino, ebraico, aramaico. “I.N.R.I”, che stava a significare: “Iesus Nazarenus Rex Iudeorum”, che procurò rabbia dei giudei, e chiesero a Pilato di cambiarla, ma egli rispose con tono deciso e scocciato: “Quello che ho scritto, ho scritto”. Riportarono Gesù nel pretorio lo spogliarono dal mantello derisorio e gli fecero indossare i suoi abiti, che alcune donne devotamente hanno lavato e profumato, per onorare il loro Signore. Gli schiavi imprecando e bestemmiando portarono la Croce, e Gesù con atto sublime l’abbraccio e la baciò, perché grazie ad essa, l’umanità peccatrice sarà redenta e purificata con il suo stesso sangue. Quando il triste corteo fu ben organizzato, il Signore si caricò la Croce sulle sue spalle lacerate dai flagelli e si mise in viaggio verso il Golgota. Per offenderlo maggiormente lo fecero passare dentro la Città di Gerusalemme, ricevendo le offese del popolo, lanciandogli addosso, pietre, spazzatura, fango ed acqua sporca. Egli in silenzio e in profonda rassegnazione proseguiva il suo doloroso cammino in silenzio pregando il Padre di perdonare i loro peccati. Povera Maria Madre addolorata, era consolata dalle Pie Donne e dal discepolo amato del Signore, seguiva il suo addolorato Figlio, e i tormenti fisici e le ingiurie li subiva nel suo cuore, e non gli lasciavano scampo, torturandola senza pietà. San Paolo nella sua lettera ai Filippesi, lo specifica bene,” Pur essendo Dio, assunse la condizione di un uomo mortale uguale a noi uomini eccetto il peccato, ed obbedì senza esitazione alla morte di Croce”. Ad un certo punto, Gesù cadde in maniera rovinosa sotto i pesi dei nostri peccati, e i soldati invece di aiutarlo, lo deridevano e lo fecero rialzare a colpi di frustate. Maria, presa dal sopravento corse incontro verso suo Figlio e lo abbracciò amorevolmente non curandosi di tutto ciò che stava vicino a Lei e a Sua Figlio, e Gesù gli disse: “Faccio cose grandi Madre”, e la pena dell’uno, s’immedesima con la pena dell’altro. Consideriamo ora quanto sia stato doloroso per Gesù vedere la Madre cara in circostanze tanto crudeli e spietate, e per Lei, vedere il suo Unigenito trascinato in maniera disumana da una banda di selvaggi, scellerati, e posseduti dai demoni. Il suo povero e sensibile cuore materno fu trafitto da mille spade e da ogni tipo di angoscia. Voleva avere quel potere per poterlo strappare dalle mani dei carnefici, che ci provavano gusto a tormentarlo. Ma sapeva bene che la nostra redenzione doveva passare da quel terribile dolore. Unendo il sacrificio del suo amore a quello del Figlio, questa Madre addolorata, partecipò a tutte le sue sofferenze, e si associa a Gesù fino al suo ultimo sospiro. I soldati si accorsero che Gesù non aveva più le forze, videro in mezzo alla folla un uomo robusto che veniva dalla campagna, il Cireno, e lo obbligarono a portare le Croce del Cristo. In un primo momento si era rifiutato, ma lui a malincuore e costretto con la forza dai soldati romani, si diressero verso la via del supplizio. Costatando di persona che quell’uomo condannato non era un criminale, ma un innocente condannato dalla sua stessa gente per aver detto la verità, il suo cuore da pagano si convertì. Il Signore, per dimostrare tutta la sua gratitudine lo perdonò di tutti i suoi peccati, e dopo la risurrezione si uni insieme alla sua famiglia, nella prima comunità degli Apostoli, diventando uno di loro. Questo gesto nel ridicolizzare il condannato, ravvisava nel popolo la paura di non commettere crimini, e di non sfidare l’autorità e il potere di Roma. “Se qualcuno vuole venire dietro di Me, rineghi sé stesso, prenda la sua Croce e mi segua”. Quel legno, simbolo dell’infamia e del ripudio di ogni bene e di ogni verità, divenne strumento di salvezza, trono di Dio e di grande trionfo sull’inferno, la più grande gloria per il mondo intero, scettro di potere che distingue il Figlio di Dio da un figlio delle tenebre. Povero Gesù, che dura e provata sofferenza hai patito per i nostri peccati, quante cadute sotto la croce hai subito, e noi, esseri irriconoscenti, abbiamo continuato ad umiliarti, e a schiaffeggiarti selvaggiamente per riprendere il cammino verso il Calvario. Perdonaci Signore, e abbi pietà di noi peccatori! Ad un certo punto del doloroso viaggio, una giovane donna la Veronica tua devota fedele, si fece avanti tra la folla assatanata e la crudeltà dei soldati, e con gesto di pietà, con un panno di lino, asciugò il tuo volto sanguinante e pieno di sputi, e per ringraziarla per il suo gesto, hai lasciato impressa l’immagine del tuo Santo Volto sofferente, che con il passar dei secoli, avvennero prodigiosi miracoli. Giunti sul luogo dell’immolazione, ti rinchiusero in una caverna poco distante, per preparare la Croce, dopo di che, a spintoni e bestemmie lo spogliarono delle sue vesti, con una tale brutalità che si riaprirono nuovamente tutte le ferite della flagellazione provocando un dolore lancinante e la fuoriuscita di sangue. Ti sdraiarono sul legno e con indifferenza ti inchiodarono prima le mani, poi con un unico chiodo più grosso, i tuoi santi piedi, che hanno percorso kilometri, per portare la buona novella. Questo è il nostro ringraziamento; ci hai fatto del bene, e noi ti abbiamo contraccambiato con il male. Povera Madre, che ad ogni colpo di martello dato a quei chiodi, nelle sue carni riecheggiava come un rombo spaventoso nel tuo cuore, inondandolo di dolore e sgomento. Terminata la tremenda inchiodatura, alzarono la Croce in posizione verticale, innalzandoti sul tuo trono di salvezza, perdonando i tuoi persecutori. Per umiliarti ancora di più, crocifissero anche due criminali, uno alla tua destra e l’altro alla tua sinistra. Uno di loro, vedendo la crudeltà contro l’innocente urlò contro i sommi sacerdoti, gli scribi, i farisei, presenti, accusandolo di aver ucciso il Santo d’Israele e di vergognarsi davanti a Dio dei loro meschini peccati. “Gesù ricordati di me, quando entrerai nel tuo Regno. Gesù rispose: in verità io ti dico, oggi stesso sarai con me in Paradiso”. L’altro condannato si univa aizzando la folla ad umiliarlo. Gesù piagato dalla testa ai piedi, pronto a rendere il suo spirito, i sinedriti continuavano a prendersi gioco di lui, commentando; “Ha salvato altri, non può salvare sé stesso! Il Messia, il Re d’Israele, che scenda ora dalla Croce, perché vediamo e crediamo”. San Bernardo di Chiaravalle dice a tal proposito afferma: “Oh lingua avvelenata che non sa trattenersi con un freno le parole di malizia, e con espressioni perverse! Che coerenza c’è a dover scendere dal suo sontuoso trono, se è Re d’Israele? Non è più logico che salga? O ancora, poiché è Re d’Israele, che non abbandoni il titolo del regno, non deponga lo scettro quel Signore il cui impero è sulle sue spalle”. Verso le tre del pomeriggio la natura manifestava dolore per l’imminente morte del Redentore, e cominciò a farsi buio su tutta la terra, gli accusatori ed il popolo inferocito avvertiva un senso di paura misto a terrore e, piano piano gli insulti, le vessazioni tacquero definitivamente, e la loro coscienza cominciava a dare segni d rimorso nel popolo, che dall’Osanna o Figlio di Davide, al suo ingresso trionfale a Gerusalemme dopo cinque giorni, gli stessi urlarono davanti a Pilato, Crocifiggilo, che scompaia dal mondo, attirando su loro stessi la maledizione. Il Golgota divenne silenzioso e desolato, erano presenti: le Pie Donne, Maria sua Madre, Giovanni l’Apostolo dell’amore e i soldati romani. Gesù sapendo che era giunta la sua ora di tornare dal Padre si rivolse a sua Madre dicendogli: Donna ecco tuo figlio, e a Giovanni, figlio ecco tua Madre, e da quel momento la prese in casa con lui. Non c’è gesto più grazioso di questo, Gesù nella sua infinita Misericordia ci consegna sua Madre a noi peccatori, che in quel momento sublime della storia del mondo siano stati partoriti dal dolore di Maria diventando suoi figli adottivi, quindi corredi di Cristo e figli legittimi del Padre Onnipotente. Alle tre del pomeriggio la natura mutava in un aspetto spaventoso, si era alzata la nebbia e cominciava a far freddo, il vento cominciava a soffiare sempre più vigoroso, e gli ultimi presenti lasciarono il Golgota con un’atmosfera di sofferenza interiore, la loro coscienza cominciava a demordere. Gesù, giunto al limite delle sue possibilità di sopravvivere, lanciò un forte grido e chinò il capo sul suo petto contuso, spirò. Il Signore è morto, versando fino all’ultima goccia del suo sangue, per tutti noi miseri peccatori. Dal cielo offuscato cadde una goccia di pioggia, e la terra fu sconvolta da un tremendo terremoto che squarcio il velo del Tempio, distruggendolo in parte, le case di tutti coloro che hanno voluto il Cristo morto, crollarono fin le fondamenta, i corpi dei Giusti d’Israele risorsero, rimproverando aspramente i vivi, inducendoli a chiedere il perdono a Colui che per invidia e cecità della verità, avevano ucciso. Caifa era nel tempio a celebrare i Riti solenni della Pasqua e si ustionò tremendamente la mano con il bracciere dell’incenso rovesciato. Ma quello che successe all’inferno, fu altrettanto sconvolgente: il diavolo, la morte sua alleata e il peccato furono scardinati dal potere e sconfitti per sempre. Ora a chi si rivolge a Colui che fu trafitto, ha la vita eterna. Il centurione, vedendo come è morto dichiarò pubblicamente: “Costui era realmente il Figlio di Dio”, e dal profondo della sua anima ci fu un’autentica conversione e profondo pentimento. Per constatare che era realmente morto, diede ordine al soldato Longino di constatarne la morte, e invece di rompergli le gambe come ai due ladroni, prese la sua lancia e gli trafisse il costato, da dove uscì sangue ed acqua fonte della sua Misericordia, di cui Longino guarì dal suo strabismo. Longino cadde in ginocchio e rimase in estasi a contemplare il crocifisso. Nel momento in cui fu trafitto il costato del Signore, anche sua Madre Maria fu trafitta in profondità nella sua anima da una spada invisibile e dal dolore lancinante, perse i sensi cadendo tra le braccia delle Pie Donne. Maria Maddalena dal dolore per la morte del suo Signore era stravolta e in un profondo stato confusionale. Vi era un uomo autorevole del Sinedrio che non fu d’accordo con il giudizio e la condanna dei suoi crudeli confratelli, andò da Pilato e chiese con autorità e coraggio il corpo martoriato di Gesù per darle una degna sepoltura. Pilato consegnò il documento a Giuseppe d’Arimatea, ed insieme con Nicodemo andarono al Golgota, per adempiere all’ultimo saluto al Santo de Santi. I soldati con delle scale, schiodarono il corpo di Gesù e lo calarono dalla croce e lo avvolsero in un lenzuolo, deponendolo nel seno della Vergine Sua Madre. Lo sgomento prese il sopravvento, e il suo Volto Immacolato si riempi di lacrime lanciando gemiti di dolore, che si commosse anche il paesaggio circostante. Quando tornò in sé, si fece portare dell’acqua e con delle spugne morbide si mise a lavare il corpo torturato ed esamine di quel Figlio, che venne dal Paradiso per la conversione e la redenzione dei peccatori, evidenziando tutte le ferite che i carnefici gli avevano inflitto in modo disumano. Tolse la corona di spine e con una pinza, levò tutte le spine dal Santo Capo. Lavò i capelli e la barba ingrumata di sangue, il suo Santo Volto pieno di sputi, rendendolo pulito e di bel aspetto, nonostante si vedevano le lividure. Terminato tutto il procedimento di pulitura, unsero il suo corpo e le sue ferite con olio, balsamo profumato e mira. Avvolto in un lenzuolo di lino di forma rettangolare cucito a spina di pesce di circa 4,41×1,11 cm denominato Sindone, lo misero su una barella improvvisata con una scala e, dopo una breve processione funebre, lo condussero deponendolo con delicatezza nel sepolcro nuovo scavato nella roccia appartenente allo stesso Giuseppe, dove non era stato sepolto nessuno, ed ultimarono gli ultimi preparativi per la sepoltura. Maria sua Madre, non aveva intenzione di lasciare suo Figlio da solo in quel sepolcro, e non voleva andare via. Alla fine, le Pie Donne e Giovanni la convinsero ad uscire, e alcuni uomini presenti, rotolarono una grossa pietra, e sigillarono il sepolcro. Condussero la Madre addolorata al Cenacolo, ma non volle stare. Voleva uscire e ripercorrere nuovamente il tragitto che fece suo Figlio dal Getsemani al Sepolcro, seguendo le tracce di sangue lasciate da Gesù. Giovani e le Pie Donne l’hanno accompagnata piangendo e battendosi il petto per i peccati degli uomini che hanno condotto Gesù alla morte, per la nostra liberazione dal maligno che ci teneva schiavi. Da qui è nata la Via Crucis e continua ad esistere fino ai nostri giorni. Tornate al Cenacolo per paura dei giudei e dei soldati romani, vegliavano in preghiera nell’attesa gloriosa della Resurrezione del Signore. Gli Apostoli che nel momento dell’arresto del Signore si dileguarono fecero ritorno in massa al Cenacolo e si presentarono alla Madre Maria che in un certo verso li riprese in maniera severa, e in modo particolare a Pietro, che per tre volte lo aveva rinnegato, fingendo di non conoscerlo. Tornarono tutti, escluso uno, l’ormai figlio della perdizione, che alcuni Apostoli andarono a cercare, e lo videro impiccato e in avanzato stato di decomposizione, come se fossero passati oltre due mesi, ma in realtà era trascorso soltanto un giorno dalla sua morte cruenta. Essendo ormai destinato alle tenebre eterne, i demoni attaccarono il suo corpo, riducendolo ad un ammasso di carne fetida, piena di vermi, gonfio, irriconoscibile e maleodorante, che si avvertiva da molta distanza. Maria la Madre del Signore e ora anche nostra, attendeva con trepidazione di vedere suo Figlio Risorto dalla morte con il suo vero corpo vivo e raggiante di gloria, la stessa che ne è ripieno da prima della creazione degli Angeli e del mondo, con tutto ciò che sussiste, e quest’evento grandioso che solo Dio poteva compiere la rendeva felice nell’intimo della sua anima, ma gli avvenimenti recenti che ha subito, era ancora avvolta da un immenso dolore che non le dava pace. A Gerusalemme tutto taceva in un silenzio surreale, le celebrazioni al Tempio furono soppresse per via dei danni provocati dal terremoto, i morti ancora apparivano ai vivi, provocando un senso di terrore. I Sommi Sacerdoti, gli scribi e i farisei, non sapevano dare una spiegazione plausibile al popolo che voleva delle risposte, ma in cuor loro sapevano che tutto ciò era stata provocato dopo la morte gloriosa del Cristo, solo che la loro arroganza e cecità non gli permetteva di accettarlo. Con il permesso di Pilato misero delle guardie armate davanti al sepolcro, per evitare che gli Apostoli trafugassero il corpo e annunciavano al mondo, che Gesù di Nazaret è risuscitato dai morti, come aveva annunciato durante la sua vita terrena, cosa che effettivamente avvenne. Quando Gesù emise il suo ultimo respiro, avvenne la separazione della sua anima dal corpo, come avviene per tutti gli uomini. Ma la divinità era così inscindibilmente unita all’uomo Cristo, che, nonostante l’avvenuta separazione dell’anima dal corpo, essa rimase sempre presente sia all’anima che al corpo, sicché il Figlio di Dio, mentre il suo corpo giaceva nel sepolcro, con la sua anima discese all’inferno. Ecco perché gli apostoli affermarono in tutto il corso della loro vita: “Discese agli inferi”. Ora domandiamoci per quale motivo Gesù discese agli inferi? Sussistono delle ragioni per spiegare perché Gesù scese con la sua anima giù nell’inferno. Come tutti gli esseri umani la pena dovuta al peccato non consisteva soltanto nella morte fisica del corpo, ma anche una sofferenza della sua anima, per i peccati commessi in vita, partendo prima della venuta di Cristo discendeva all’inferno. Cristo per liberare queste anime in pena, affrontò lui stesso la morte, e facendo ciò, per cui fu mandato dal Padre, li liberò dalla sofferenza salvandoli dalla seconda morte, quella eterna. Portò fuori da quel luogo i nostri progenitori, Adamo ed Eva, gli antichi Padri del Popolo d’Israele, i giusti, i Santi e tutti coloro che furono uccisi ingiustamente, e tutti i suoi amici. Annientò e sconfisse il diavolo, la morte il peccato, definitivamente rilegandoli con catene infocate, e precipitati nelle profondità più oscure e più profonde di quel luogo di dannazione eterna, da dove non usciranno per l’intera eternità, dove finiranno anche tutte quelle anime che rifiutano la salvezza eterna. Maria e gli Apostoli nel Cenacolo erano assorti nella preghiera unanime, ma ancora pieni di paura per le ripercussioni dei giudei nei loro confronti, ma non tutti rimasero ostili al Signore, molti di loro vedendolo morire in quel modo, nella più profonda rassegnazione, senza ripagare offesa contro offesa, subendo le più terribili e disumane torture ed umiliazioni, hanno realmente compreso che: Gesù era ed è realmente Figlio di Dio, il loro Salvatore, l’unico, che con la sua volontaria morte, perdonò i peccati di tutta l’umanità. Si convertirono, e dopo la resurrezione e ascensione al cielo sfidando l’autorità del sinedrio, si unirono alla prima comunità cristiana fondata dal suo Vicario in terra, l’apostolo Pietro, colui al quale Gesù diede le chiavi del suo Regno. Intanto le guardie romane e del Tempio, sorvegliavano attentamente il Sepolcro del Signore, Longino, il soldato che con la sua lancia trafisse il costato del Cristo, e mediante il suo sangue guarì dalla sua malattia agli occhi, era in estasi in contemplazione e preghiera, attendendo in cuor suo, che in quella notte, doveva succedere qualcosa di grandioso e allo stesso tempo meraviglioso. Verso mezzanotte, inizio del primo giorno dopo il sabato, vi fu una scossa di terremoto, i soldati sobbalzavano dalla paura, ed un senso di terrore li circondava. Presi dal terrore fuggirono via lasciando sul luogo dell’avvenuto prodigio, soltanto Longino svenuto. Si udì un tonfo enorme. La pietra circolare che chiudeva il sepolcro si ribaltò, e dal suo interno uscì Gesù, nel suo vero corpo avvolto da una luce gloriosa, che la notte divenne giorno, circondato da una moltitudine di Angeli, che cantavano in un unico coro: “Gloria in Excelsis Deo”. Il Signore è realmente Risorto. Alleluia. Maria Santissima uscì da sola dal Cenacolo chiamata da una forza interiore, si recò al sepolcro. Giunta, vide l’enorme pietra che chiudeva il suo ingresso totalmente ribaltata, non entrò, ma alzando gli occhi al cielo, vide sullo spentone di una roccia, un uomo dall’aspetto luminoso, con le mani, il costato e i piedi che furono trapassati dai chiodi. Quell’uomo è suo Figlio, l’Unigenito, il Risorto, che ha vinto la morte, ed ora è vivente di fronte a Lei, in tutto il suo splendore di Figlio di Dio. Oh!!! quale immensa gioia provava in quel momento Maria, rivedere suo Figlio nuovamente in mezzo al popolo, e la gioia dei suoi Apostoli quando avrebbero appreso la gioiosa notizia. Maria, dopo aver contemplato suo Figlio, tornò al Cenacolo e non fece parola con nessuno dei presenti, di quello che aveva visto. Giunse l’alba del nuovo giorno, e le donne piangenti si avviarono al sepolcro per compiere i riti di sepoltura del loro Signore, come prescriveva la Legge di Mose, portando con loro, oli e balsami profumati preparati il giorno prima. Con loro vi era anche Maria Maddalena, affranta e con gli occhi ingrossati e arrossati dalle tante lacrime versate. Strada facendo si domandavano tra di loro chi le avesse aiutate a spostare l’enorme pietra per entrare nel sepolcro. Giunte sul luogo, notarono che la gigantesca pietra circolare era stata ribaltata fuori dal suo binario, e videro due uomini in candide vesti, seduti sulla pietra sepolcrale, dove due giorni prima avevano posto il corpo di Gesù. Le bende ed il lenzuolo vuoti messi in bella vista, ma Gesù non c’era più. Le donne rimasero sconvolte e ammutolite. I due uomini dissero: “Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? È risorto, non è più qui” Le donne dallo spavento ma allo stesso tempo dalla commozione e felicità, scapparono via. Solo la Maddalena rimase lì a cercare qualcuno per sapere dove hanno spostato il corpo del Signore e dove lo avevano posto. Piangendo intravide un uomo in splendenti vesti, venire verso di lei. Le corse incontro e gli disse: “Se hai preso tu il corpo del mio Signore, dimmi dove lo hai posto, che vado a riprenderlo”. Lei riconobbe all’istante la voce del Signore e gli disse “Rabbuni” che significa Maestro. Si inginocchiò per baciare i suoi piedi, ma Gesù gli disse: “Non mi toccare, perché ancora non sono salito al Padre mio e Padre vostro, ma vai dai miei fratelli e dirgli che sono Risorto, e che li precederò in Galilea”. Detto questo, sparì. La felicità era tanta che appena riusciva a contenerla, e tutta ad un fiato, corse dai suoi Apostoli a portare la buona novella. Gesù è vivo!!! Giunta al Cenacolo, bussò con energia, e gli Apostoli sobbalzavano dalla paura. Maria disse: Sono io apritemi. Gli Apostoli aprirono ed entrando disse: L’ho visto, ho visto Gesù, è vivo e mi ha parlato, mi ha parlato! È risorto dalla morte e vi precederà in Galilea. Gli Apostoli rimasero senza parole, e non la crebbero, gli dissero che lo spavento subito per tutto quello che è successo, le aveva provocato una seria di suggestioni, e le consigliarono di tornare a casa delle Pie Donne e di riposare. Maria si arrabbiò, che Colui che ha visto è Gesù. Voltandosi di scatto si diresse verso la porta e uscì sbattendola. Allora Pietro e Giovanni presero il mantello e corsero verso il sepolcro. Giovanni che era più giovane corse avanti, e subito dopo giunse anche Pietro e videro con i propri occhi i teli, la sindone e il resto delle bende nel sepolcro ma il suo corpo non c’era più, allora credettero alle parole di Maria Maddalena. Infatti, quando Gesù era ancora in vita li aveva avvertiti: “Il figlio dell’Uomo deve tanto soffrire, e messo a morte, ma il terzo giorno, sarebbe Risorto”. Tornarono al Cenacolo stupiti, ma allo stesso tempo felici, e che ben presto sarebbe andato da loro, come aveva detto alla Maddalena. Dopo questi fatti, otto giorni dopo la Resurrezione del Signore, gli Apostoli stavano al Cenacolo, escluso Tommaso. Gesù si presentò a loro a porte chiuse: “Pace a voi”, e mostrò loro le mani ed il costato. Loro che fino a quel momento erano presi dal dubbio e dalla tristezza, che non sono stati in grado di comprendere le parole del Signore e delle Scritture, si rallegrarono a vedere Gesù. Prese del pane e lo spezzò e lo diede loro. Mangiò e bevve con loro, spiegando gli eventi futuri e gli istruiva su come dovevano condurre la sua nuova Chiesa, lasciando la guida a Pietro, suo Vicario in terra, che inginocchiandosi ai piedi del Signore, chiese perdono per averLo rinnegato per ben tre volte. Detto ciò, scomparve. La gioia degli Apostoli era immensa incontenibile. La sera stessa ritornò al cenacolo anche Tommaso detto Didimo, e gli raccontarono che era venuto il Signore e che aveva mangiato con loro. Egli non crebbe ad una sola parola, e rivolgendosi ai suoi fratelli disse: “Se non metto il dito nelle piaghe delle sue mani, e nel suo costato, io, non ci credo”. Passarono otto giorni e Gesù tornò di nuovo a porte chiuse in mezzo a loro e disse a loro: “Pace a voi”, e poi rivolgendosi con amore verso Tommaso gli disse: “Metti le tue mani nelle mie piaghe ed il tuo dito nel mio costato, così crederai. E poi soggiunse: Beato tu Tommaso che mi hai visto e hai creduto, ma beati coloro, che pur non avendomi mai visto crederanno”. Allora Tommaso, si getto a terra ai piedi di Gesù, e con lacrime di gioia e di commozione chiese perdono per la sua mancanza di fede e di fiducia verso il suo Maestro e Signore. Gesù apparve diverse volte nei suoi quaranta giorni sulla terra, non solo agli Apostoli ma anche a sua Madre, alle Pie Donne e a Maria Maddalena, poi rivolgendosi agli Apostoli diede i suoi ultimi insegnamenti e promise che sarebbe giunto a loro lo Spirito Santo, il Consolatore, che li avrebbe guidati fino alla fine dei tempi. Detto questo li condusse su un monte, e pronunciate le sue ultime parole, fu elevato in alto sotto i loro occhi umani ed una nube lo sottrasse dal loro sguardo, dove tuttora risiede alla Destra del Padre. Dopo quest’evento, gli Apostoli fecero ritorno a Gerusalemme, passando dall’orto degli ulivi stesso luogo dove Gesù subì la sua dolorosa agonia prima di essere arrestato. Gli Apostoli chiusi nel Cenacolo per paura dei Giudei che li cercavano per arrestarli ed ucciderli, insieme a Maria Santissima, si misero a pregare fiduciosi di ricevere lo Spirito Santo, promesso da Cristo. Una settimana dopo la sua gloriosa Ascensione al cielo di Gesù, avvenne l’evento. Mentre erano assidui nella preghiera, giunse all’interno del Cenacolo un rombo di un vento impetuoso che riempì la stanza, comparvero sulle teste degli Apostoli e della Maddonna fiammelle di fuoco, che ardevano e non si consumavano, cominciarono a parlare lingue che non conoscevano, e chi li udiva dicevano che si erano ubbriacati di mosto. Sono stati infuocati dal fuoco purificatore dello Spirito Santo. Da quel momento in poi si formò la prima Chiesa e comunità cristiana, andando per il mondo a portare il Vangelo, le parole e gli insegnamenti del Cristo, morto e risorto per il perdono dei nostri peccati. Da allora fino ad oggi, nonostante le continue persecuzioni alla Chiesa, il Vangelo corre fino all’angolo più sconosciuto della Terra, grazie a noi successori degli Apostoli, e ai ferventi laici che uniti e compatti lavorano nella Vigna del Signore. Amen…..Alleluia……

Data nella Sede Episcopale il 11 Aprile dell’Anno del Signore 2021
Domenica In Albis o della Divina Misericordia

+ Salvatore Micalef
Vescovo Ordinario

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