Omelia della I Domenica di Quaresima

Fratelli e Sorelle carissimi, la narrazione del diluvio universale ci lascia sempre impressionati. La nostra immaginazione non guarda più all’arca di Noè piena di tutti gli animali, sapendo che la narrazione è fatta sulla base di una millenaria elaborazione letteraria, ma ugualmente rimaniamo impressionati e forse molto di più. Pensiamo che i saldi confini tra terra e oceani, mari, laghi, fiumi, furono sorpassati per una immane catastrofe. Ghiacciai che retrocedono per l’innalzamento della temperatura terrestre a seguito di spostamenti dell’asse terrestre, mari che innalzano il loro livello, martellanti uragani che fanno dilagare fiumi e laghi. Terremoti con catastrofici tsunami che spazzano chilometri e chilometri di territorio. Fame, epidemie, morte. Perché tutto questo? Perché l’umanità era diventata malvagia, incessantemente malvagia, incredibilmente malvagia. Un’umanità avvisata, ma dimentica di ogni avvertimento. Solo pochi si salvarono. Un’umanità spazzata via da un trionfo delle acque sulla terra, quasi un ritorno agli inizi quando le acque avvolgevano la terra (Gn 1,2). Un castigo di portata universale. Ma ecco che nella seconda lettura Pietro introduce in questo scenario drammatico una nota salvifica: “Poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua”. Dall’acqua e non tanto dall’arca!”. Le acque del diluvio furono salvifiche per Noè, perché liberarono quel giusto, e anche il futuro dell’uomo, di fronte ad un’umanità diventata moralmente mostruosa. Noè credette, costruì l’arca, vi entrò e fu salvo, perché l’acqua lo liberò, così quell’acqua, come dice Pietro, è figura del Battesimo. Allo stesso modo dell’acqua che liberò Israele dall’esercito del Faraone (Cf. 1Cor 10,2). L’arcobaleno era scomparso nei giorni del diluvio. Così Dio pose di nuovo l’arcobaleno dopo una tempesta, non lo creò allora, che è errato pensarlo, ma lo pose nel senso che sempre affiorerà: da temporale a temporale, da uragano a uragano sempre affiorerà splendente, quale segno di amicizia con Dio. Poiché la ragione di quell’arcobaleno, fedele nei secoli, è Cristo. Ed è Cristo la ragione della liberazione del futuro del genere umano per mezzo di quelle terribili acque del diluvio universale. Ho detto salvezza non solo per Noè, ma anche per il futuro del genere umano, chiamato all’incontro con Cristo. Satana stava vincendo, stava appiattendo alla terra, alla carne, non un uomo o due uomini, o mille, o un milione, ma molti, molti di più. Dio avrebbe potuto distruggere il genere umano, visto che il testo biblico dice che Dio (Gn 6, 6) “si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra”, ma invece liberò la terra dai mostri della terra, affinché rimanesse aperta per il genere umano la salvezza operata dal futuro Cristo. Le acque del Battesimo non sono turbolente, limacciose; sono miti, limpide, rigeneratrici in virtù del Sangue di Cristo e dell’azione rinnovatrice dello Spirito Santo (Cf. 1Gv 5,6s). Le miti acque del Battesimo abbattono il male, sottraggono dal potere del mondo, liberano dal Faraone infernale. Le miti acque del Battesimo aprono ad un futuro di pace sulla terra, in attesa dei cieli e terra nuovi (Ap 21,1). Acque miti, ho detto, perché rese tali da Cristo mediante la mite accettazione della sofferenza. La misericordia di Dio trova la sua stabilità perenne nel sangue di Cristo. Di fronte all’odio del mondo Cristo ha vinto accettando tutto ciò che l’odio gli poneva dinanzi per scalzarlo, per abbatterlo. Ma Cristo ha vinto. Il Vangelo ci dice che Gesù andò nel deserto per quaranta giorni, digiunando. Quel digiuno nel deserto all’inizio della vita pubblica è la chiara scelta della croce. Così, fratelli e sorelle, la quaresima deve essere un tempo nel quale si avanza nella scelta, che deve essere sempre più radicale, della croce. Croce che si presenta in mille modi, lievi o drammatici, ma che ognuno trova di fronte.

Chi non abbraccia la Croce di Cristo è un vinto dalle forze del male.

Gesù andò nel deserto; andiamoci anche noi. Nel deserto si diventa forti. Nel deserto, cioè nel silenzio della propria stanza, di una chiesa, di un oratorio, di una collina, di un bosco: nel silenzio. Abbiamo la testa piena di suoni, di voci. Abbiamo bisogno di silenzio. Nel deserto c’è la privazione: Gesù digiunò nel deserto. Abbiamo bisogno di digiunare dalle chiacchiere, dall’abbondanza della tavola, dall’abbondanza della televisione. Digiunare dalla sete degli onori, delle ricchezze. Digiunare dalle curiosità. Dal voler sapere tutto, se fosse possibile all’uomo sapere tutto. “Uscite, popolo mio, da Babilonia”, si legge nell’Apocalisse (18,4); e anche si legge che la Donna venne condotta nel deserto (12,14). Si va nel deserto non per fuggire da Babilonia, ma per mettersi in cammino e passare indenni in mezzo a Babilonia, oltrepassando Babilonia con il progetto in Cristo della civiltà dell’amore. Chi si è fermato nel cammino dell’incessante conversione trova ancora una volta l’invito pressante, pieno d’amore, di Gesù: “Convertitevi e credete nel Vangelo”. Certo tutti abbiamo bisogno di accogliere sempre queste parole, ma c’è chi si è fermato dal percorrere il cammino segnato da Cristo, anzi si è girato indietro e ritorna da dove un tempo era uscito. L’uomo non è mai fermo: sempre segue qualcosa. Se non segue Cristo segue il denaro, gli onori, il quieto vivere, il mondo. “Convertitevi” dice Gesù, cioè cambiate direzione, fate un’inversione a U. Riflettete, rientrate in voi stessi. Diventate disponibili all’ascolto del Vangelo e credete al Vangelo. “Convertitevi e credete nel Vangelo”; parole perenni, parole che Gesù pronunciò più che mai sulla croce. Convertitevi a Dio di fronte all’amore di Dio. Non ci si converte solo riconoscendo i propri mali, i propri errori. Non basta; bisogna combattere la radice di tali mali: l’inclinazione alla disobbedienza alla Verità. Tante volte sento dire da chi sbaglia: “Lo ammetto!”. Ma non basta. Chi dice “lo ammetto” e poi persevera nel male non ha nessuna umiltà, ma solo inganna se stesso. Tempo di quaresima, tempo di silenzio, tempo penitenziale, ma proprio per questo tempo che ci porta alla missione. Chi vive la quaresima troverà forze rinnovate per potere dire nel silenzio dell’esempio quotidiano: “Convertitevi e credete nel Vangelo”. Dove c’è un cristiano esiste sempre, anche senza suono di labbra, anzi bisogna augurarsi che sia più che mai senza suono di labbra, l’invito del Signore alla conversione e a credere nel suo amore. Le miti acque del Battesimo ombra dell’effluvio dell’acqua viva dello Spirito Santo, che sgorga dal trono di Dio e dell’Agnello (Ap 22,1) possono cambiare la terra, devono cambiare la terra. Acque tumultuose, limacciose, inesorabili, un giorno liberarono la terra dai mostri della terra. Ora le acque per il Cristo si presentano a noi miti e limpide per rigenerare nella potenza del Sangue e dello Spirito Santo la terra. Cominciamo la quaresima, fratelli e sorelle, ricordandoci di quelle miti acque segnate dalla presenza operante dell’eterno Sacerdote. Viviamo la quaresima andando nel deserto per avere sete dell’acqua viva dello Spirito Santo e avere fame del Corpo del Signore.

Laudetur Iesus Christe. Semper Laudetur

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