Omelia della Domenica delle Palme

Fratelli e Sorelle carissimi, la Liturgia della Parola di questa Domenica delle Palme è molto ricca di spiritualità. Il brano del Vangelo con cui abbiamo iniziato la Celebrazione narrava l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme; la prima lettura, tratta dal profeta Isaia, sottolinea le offese e le umiliazioni che il nostro Redentore ha dovuto sopportare per nostro amore; al Salmo responsoriale abbiamo ripetuto il grido di Gesù in Croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»; la seconda lettura descrive l’annientamento del Figlio di Dio, il quale, per la nostra salvezza, si è umiliato sino alla morte di Croce; infine, il lungo brano del Vangelo narrava la Passione di Gesù. In questo breve pensiero, vogliamo riflettere su un particolare molto sconcertante: l’ingresso di Gesù a Gerusalemme fu salutato dalla folla festante; ma, a quell’ingresso trionfale, seguì ben presto la condanna e la morte di Gesù, gli stessi uomini che lo hanno osannato, lo condannano all’umiliazione della croce. Dall'”osanna” al “crucifige”: è questo il mistero del cuore umano, che in quel momento era condizionato da satana. Certamente, in mezzo a quella folla che gridò “crocifiggilo” vi furono molti che gridarono che Gesù fosse liberato e che, forse, furono anche coloro che sono stati miracolati da Lui. Questo inspiegabile cambiamento è un invito a considerare la gravità del nostro peccato. La leggerezza e l’incostanza sono atteggiamenti purtroppo frequenti in noi nei riguardi del Signore. In particolare, la facilità di passare, da atti di fede e di culto, al peccato grave, deve costituire per noi un motivo di seria riflessione. Non si può concepire un cristiano staccato da Cristo e disposto a vivere abitualmente nel peccato, privo della grazia di Dio, per la maggior parte dell’anno. Non si può ascoltare la parola di Cristo per quanto riguarda i nostri rapporti in chiesa, e poi ascoltare i princìpi del mondo per quanto riguarda la vita pratica. Gesù e il suo Vangelo devono essere la direttiva costante della nostra vita per non ripetere il tradimento delle folle di Gerusalemme pronte a passare dall'”osanna” al “crucifige”. La vita del cristiano non può ignorare quello che è avvenuto a Cristo e il modo con cui Egli ha salvato il mondo. Da qui l’esigenza di meditare con profonda umiltà la Passione di Gesù. San Leonardo da Porto Maurizio affermava che dalla mancanza di questa meditazione deriva lo scadimento di tanti cristiani. Per questo motivo, egli diffuse ovunque la pia pratica della Via Crucis, dando a questo devoto esercizio una grande importanza, per la salvezza delle anime. Si pensa a ciò che si ama. Se pertanto amiamo Gesù, penseremo spesso a quanto Egli ha patito per noi. Meditiamo sull’immenso amore che spinse Gesù a morire in Croce per noi. Se non ci avesse amati, Egli non sarebbe salito su quella Croce e non sarebbe morto per i nostri vili e putridi peccati.

Laudetur Iesus Christe. Semper Laudetur

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